La sperimentazione di tessuti e design diversi è quasi una prerogativa sartoriale che si riflette nella realizzazione delle boutique Dolce&Gabbana. Mantenendo l’essenza del marchio e miscelandola con ispirazioni diverse, gli store di Aoyama, Montenapoleone, Porto Cervo, Capri e Saint Barthélemy rappresentano la confluenza tra l’estetica dei due designer e la cultura locale, e danno il via in modo efficace a una nuova era che va lentamente sostituendo l’idea del concept store.
Queste boutique sono intese come luoghi in cui l’emozione, il dialogo, la diversità e lo scambio culturale si fondono in spazi che diventano veri palcoscenici, dove i protagonisti sono l’esperienza e la narrazione. L’idea di Domenico Dolce e Stefano Gabbana è accompagnare i clienti in un tour grandioso, intraprendere un viaggio in cui l’estetica e i valori del brand si uniscono a caratteristiche esclusive e agli elementi di eccellenza di ogni città.
Chi è stato scelto per intraprendere questo viaggio? In che modo lo stile architettonico e la cultura della società hanno affascinato Domenico Dolce e Stefano Gabbana?
Durante il Salone del Mobile di Milano (4-9 aprile 2017) gli architetti – protagonisti di questa nuova epoca del retail, e gli studenti dell’Istituto Europeo di Design (IED) – le menti delle future conquiste in campo architettonico, sono stati invitati a Palazzo Labus in Corso Venezia per un incontro, un’occasione per porre domande su questi nuovi progetti che renderanno gli store Dolce&Gabbana assolutamente unici nel loro genere.
Palazzo Labus è sede dell’Alta Sartoria di Dolce&Gabbana, l’alta moda maschile. L’intero edificio, nel cuore di Milano, è ricco di affreschi e soffitti decorati con pareti damascate; gli interni sono arredati con pezzi di designer come Giò Ponti, Ettore Barovier e Ignazio Gardella. Gli studenti migrano da una parte all’altra dell’edificio a bocca aperta, con gli occhi sgranati di fronte alla bellezza che li circonda; lo stupore cresce ancora di più alla vista dei progetti degli architetti per le nuove boutique.
Sarah Tarek, una studentessa dello IED, è rimasta particolarmente colpita dalle esposizioni e ha descritto il fascino delle collaborazioni tra la moda e la storia di un marchio insieme con l’architettura. Sarah dice, infatti:
“Sono rimasta affascinata da come due componenti creative di diversi settori possano collaborare per creare qualcosa di simile! Stavo guardando l’esposizione di uno studio rispetto a un altro e anche il loro modo di presentare i modelli architettonici; è un’esperienza esaltante, è come tradurre una lingua in due modi diversi, ognuno ha il proprio modo di esprimersi”.
Urte Berukstyte era invece curiosa di saperne di più su come i designer abbiano lavorato con gli architetti e in che modo sia stata sviluppata questa collaborazione fino a raggiungere il concetto finale.
Urte: “Qual è stato il pensiero dietro questo progetto?”
MVRDV: “In generale, qualsiasi processo inizia con la ricerca. Si raccolgono tutte le informazioni possibili per saperne di più sul progetto, sul cliente e sulla location. Ognuno poi paragona la propria ricerca in modo da ottimizzare la soluzione o idea migliore. È così che alla fine si arriva al concetto definitivo”.
Un ambiente lussuoso ma non convenzionale: la potente identità di Dolce&Gabbana continuerà ad evolversi attraverso questo approccio creativo nuovo e radicale.
Per saperne di più sui progetti, sugli architetti e sui loro studi abbiamo pensato ad una serie di domande e risposte con Steven Harris di Steven Harris Architects, Eric Carlson di Carbondale e Julien Rousseau di Fresh Architectures.